a) Soffitti
Nell'ipotesi in cui, a causa del suo deterioramento e per ragioni d'ordine tecnico, il soffitto a volta esistente fra due piani sovrapposti di un edificio in condominio debba essere sostituito da un diverso tipo di soffitto di minor spessore, il proprietario del piano sottostante, che da tale sostituzione ha conseguito un ampliamento ed una migliore utilizzazione dei suoi locali, non è tenuto a versare alcun compenso al proprietario del piano sovrastante, sempre che non venga menomato il suo godimento sul soffitto comune o danneggiata la sua proprietà esclusiva. Ben vero, anzitutto, il vantaggio realizzato dal proprietario del piano inferiore non costituisce un arricchimento indebito, essendo l'effetto di un'opera eseguita nell'interesse comune di ambedue i condomini. Inoltre è da escludere che la cennata sostituzione abbia comportato la lesione del diritto di comproprietà sul soffitto spettante al proprietario del piano superiore. Di vero, ai sensi dell'art. 1125 c.c., il diritto di comunione dei proprietari di piani sovrapposti ha per oggetto il soffitto, la volta, ed il solaio intermedi, considerati in se stessi, e non già lo spazio pieno e vuoto da essi occupato; onde tale diritto resta inalterato nel suo oggetto, nonostante la sostituzione, imposta dall'interesse comune, di un tipo di soffitto meno voluminoso a quello preesistente.
* Cass. civ., sez. II, 8 giugno 1966, n. 1512.
Non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato qualora relativamente ad una domanda di condanna all'esecuzione dei lavori di ripristino del soffitto di un appartamento sito all'ultimo piano dell'edificio in condominio fondata sulla lesione del diritto di proprietà configurata in concreto da pregiudizi cagionati al soffitti dall'umidità, il giudice a seguito degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico, alle precisazioni ed alle istanze formulate dalle parti in corso di causa, pronunzi la condanna all'esecuzione dei lavori necessari per eliminare l'umidità determinata non dalle infiltrazioni di acqua provenienti dal solaio di copertura, ma dalla condensa connessa al difettoso isolamento termico del solaio.
* Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 1999, n. 14088, Venuta c. Cond. Carone.
In mancanza di titolo, la natura del diritto su di un manufatto dipende dalla struttura o destinazione all'uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano del fabbricato condominiale; pertanto se un cortile dà aria e luce a questo ed ha la funzione di consentirne l'accesso, ancorché costituisca copertura di un sottostante locale costruito fuori della proiezione verticale dei piani sopraelevati, ha natura condominiale e perciò l'assemblea dei condomini, con la partecipazione del proprietario del locale in proporzione ai corrispondenti millesimi, è legittimata a deliberare i lavori di manutenzione necessari per la conservazione del piano di calpestio, fungente altresì da soffitto del predetto locale, mentre la ripartizione delle conseguenti spese va effettuata secondo l'omologo criterio stabilito per la terrazza a livello dall'art. 1126 c.c., sì che il proprietario di questo deve contribuire per due terzi e i condomini per un terzo.
* Cass. civ., sez. II, 10 novembre 1998, n. 11283, Cond. V. Cilea 57 Napoli c. Autostar Snc. |
La facoltà di apertura e mantenimento di luci in un solaio frapposto tra due unità immobiliari l'una soprastante l'altra e comprese in uno stabile condominiale resta subordinata, a mente dell'art. 903 comma secondo c.c. (norma dettata in tema di muro divisorio ed applicabile nella specie attesa l'analogia tra le funzioni del muro stesso e del solaio) al consenso di tutti i comproprietari, con la conseguenza che il diritto a mantenere le luci stesse può essere aliunde acquisito soltanto iure servitutis.
* Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2000, n. 738, Santoro c. Aricò.
b) Solai
Negli edifici in condominio, a differenze del solaio divisorio tra due piani dell'edificio, in proprietà comune ai due rispettivi proprietari, il solaio del piano terreno sottostante al relativo pavimento, costruito a livello della superficie di campagna, in quanto parte integrante del solo piano terreno, appartiene in proprietà esclusiva al proprietario del piano, alla stessa stregua del pavimento. Ne consegue che in caso di vizio costruttivo del solaio, rivelatosi inidoneo a svolgere autonomamente la funzione di sostenere l'unità immobiliare, la responsabilità per i danni che ne siano derivati alle singole proprietà individuali deve ascriversi al proprietario del piano, con esclusione di ogni responsabilità del condominio.
* Cass. civ., sez. II, 26 marzo 1993, n. 3642, Signorile c. Cond. di via Matteotti n. 6 di Bari e Mincuzzi.
Qualora il proprietario di un appartamento, nel ripristinare il solaio divisorio con l'immobile sottostante, lo posizioni più in basso, una lesione del diritto altrui, nell'ambito del rapporto di vicinato, non può essere esclusa alla stregua dell'opportunità di detta scelta per una migliore conservazione del fabbricato, e quindi invocando la funzione sociale della proprietà privata, tenuto conto che tale funzione ne può giustificare un sacrificio per esigenze della collettività, non per interessi di natura individuale.
* Cass. civ., sez. II, 11 aprile 1987, n. 3615, Iannaccio c. Iannaccio.
Dal solaio che divide due unità abitative, l'una all'altra sovrapposta, formando una struttura comune che i proprietari delle due unità possono modificare solo alla condizione che non venga alterata la destinazione della cosa e che non sia impedito all'altro di farne parimenti uso secondo il suo diritto, deve essere distinta la copertura (o pavimento) del solaio, che appartiene esclusivamente al proprietario dell'abitazione sovrastante e che può essere, quindi, da questo liberamente rimossa o sostituita secondo la sua utilità e convenienza.
* Cass. civ., sez. II, 22 agosto 1984, n. 7464, Iorio c. Pavone. |
Il solaio che divide due unità abitative l'una all'altra sovrastante, ed appartenenti a diversi proprietari deve ritenersi, salva prova contraria, di proprietà comune, costituendo l'inscindibile struttura divisoria tra le due strutture immobiliari, con utilità ed uso eguale ed inseparabile per le medesime, sì che la manutenzione e ricostruzione di tutte le sue parti - e, quindi, anche delle travi che ne costituiscono la struttura portante, e non siano meramente decorative del soffitto dell'appartamento sottostante - compete in parti eguali ai due proprietari.
* Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2000, n. 13606, Bettino c. Cambiaso.
Qualora il solaio fra due appartamenti venga abbassato, con una riduzione della consistenza materiale dell'appartamento sottostante, in occasione di opere di consolidamento che il proprietario dell'appartamento sovrastante abbia effettuato per realizzare una nuova costruzione a sbalzo, deve riconoscersi al proprietario di detto immobile sottostante la possibilità di ottenere la riduzione in pristino, mediante abbattimento della nuova opera, vertendosi in tema di fatto lesivo del diritto dominicale, non riconducibile nella previsione dell'art. 884 cod. civ. (sulla facoltà del comproprietario del muro comune di appoggiarvi costruzioni ed immettervi travi).
* Cass. civ., sez. II, 14 gennaio 1985, n. 36, Staunovo c. Staunovo.
Il solaio che divide due unità abitative, l'una all'altra sovrapposta, costituisce una struttura comune ai proprietari di dette unità, i quali, pertanto, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., possono apportarvi modifiche, alla condizione che non venga alterata la destinazione della cosa comune e che non sia impedito all'altro soggetto di farne parimenti uso, secondo il suo diritto.
* Cass. civ., sez. II, 9 marzo 1987, n. 2440, Malandrini c. Bergamaschi.
La presunzione assoluta di comunione (ex art. 1125 cod. civ.) del solaio divisorio di due piani di edificio condominiale tra i proprietari dei medesimi vale pure per la piattaforma o soletta del balcone dell'appartamento del piano superiore, la quale, avendo gli stessi caratteri, per struttura e funzione (separazione in senso orizzontale, sostegno, copertura), del solaio, di cui costituisce prolungamento, è attratta nel regime giuridico dello stesso. Consegue che per tale piattaforma o soletta si configura un compossesso degli indicati proprietari, esercitato dal proprietario del piano superiore anche e soprattutto in termini di calpestio ed estrinsecantesi per l'altro proprietario, oltre che nella fruizione del commodum proveniente dalla copertura, nell'acquisizione di ogni ulteriore attingibile utilità, cui non ostino ragioni di statica e di estetica, sicché quest'ultimo può ancorare a detta soletta le strutture di chiusura necessarie per la realizzazione di una veranda ed altresì utilizzarne la faccia inferiore (prolungamento del proprio soffitto) per installarvi apparecchi di illuminazione, per farvi vegetare piante rampicanti, ecc..
* Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1983, n. 4821, Falcone c. Caldaresi.
La sostituzione del solaio esistente fra due piani sovrapposti di un edificio deve realizzarsi, trattandosi di bene in comproprietà, senza menomazioni del godimento di entrambi i proprietari sulla cosa o sulla proprietà esclusiva di ciascuno di essi, senza che rilevi il vantaggio che ne sia derivato alle proprietà. Il diritto in questione ha infatti per oggetto ai sensi dell'art. 1125 c.c. il solaio in se stesso considerato e non anche lo spazio pieno o vuoto che esso occupa e rimane inalterato nel suo oggetto, nonostante la sostituzione di un solaio meno voluminoso di quello preesistente.
* Cass.. civ., sez. II, 23 marzo 1995, n. 3386, Bruno c. Garnero.
La manutenzione e la riparazione del solaio di copertura di un locale interrato costituendone parte integrante compete unicamente, salvo diversa pattuizione, al suo proprietario, anche se l'area sovrastante appartenente ad altro soggetto riceva da tale copertura un qualche vantaggio o utilità.
* Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1999, n. 1477, Condominio via Carlo Poma c. Condominio Garage di via Andreoli - via Baiamonti ed altri.
In tema di condominio di edifici l'innalzamento del solaio concordato fra i proprietari dei piani interessati non può valere a trasformare in proprietà esclusiva del titolare del locale sottostante la zona di proprietà comune corrispondente al solaio preesistente in difetto di un atto scritto di trasferimento della proprietà a norma dell'art. 1350, n. 1, c.c., onde la permanenza nella stessa zona di proprietà comune della tubatura fognaria che in precedenza vi si trovava, sia pure incorporata nel solaio, non può essere qualificata nuova servitù, per la cui costituzione sia necessaria la forma scritta a norma dell'art. 1350, n. 4, c.c..
* Cass. civ., sez. II, 9 gennaio 1993, n. 143, Di Marocco c. Tagliaferri.
Il condomino del piano sottostante che agisce nei confronti del condomino del piano di sopra per il risarcimento dei danni al suo solaio deve dimostrare, ai sensi dell'art. 2043 c.c., che essi dipendono da fatti imputabili a quest'ultimo, altrimenti dovendosi ripartire in parti uguali le spese per la riparazione di esso, ai sensi dell'art. 1125 c.c., per la presunzione assoluta di comunione tra loro del solaio, da cui deriva altresì l'inapplicabilità dell'art. 2051 c.c. diretta a tutelare i terzi danneggiati dalle cose che altri hanno in custodia, non i comunisti tra loro.
* Cass. civ., sez. III, 23 giugno 1999, n. 6398, Pepe c. Carotenuto.
La facoltà di apertura e mantenimento di luci in un solaio frapposto tra due unità immobiliari l'una soprastante l'altra e comprese in uno stabile condominiale resta subordinata, a mente dell'art. 903 comma secondo c.c. (norma dettata in tema di muro divisorio ed applicabile nella specie attesa l'analogia tra le funzioni del muro stesso e del solaio) al consenso di tutti i comproprietari, con la conseguenza che il diritto a mantenere le luci stesse può essere aliunde acquisito soltanto iure servitutis.
* Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2000, n. 738, Santoro c. Aricò, in Arch. loc. e cond. 2000, 747.1].
Nell'ipotesi in cui, a causa del suo deterioramento e per ragioni d'ordine tecnico, il solaio esistente fra due piani sovrapposti di un edificio sia sostituito da un diverso tipo di solaio di minor spessore, il proprietario del piano sottostante, che ne ha conseguito un ampliamento per maggior altezza ed una migliore utilizzazione dei suoi locali, non è tenuto a versare alcun compenso al proprietario del piano sovrastante, sempre che non venga menomato il suo godimento sul solaio comune o danneggiata la sua proprietà esclusiva (nella specie con il mantenimento del pavimento del piano superiore allo stesso precedente livello). Infatti, il vantaggio conseguito dal proprietario del piano inferiore non costituisce arricchimento indebito, essendo l'effetto di un'opera eseguita nell'interesse comune, mentre tale sostituzione non comporta lesione del diritto di comproprietà spettante al proprietario del piano superiore, che ha per oggetto il solaio considerato in sé stesso e non già lo spazio pieno o vuoto da esso occupato.
* Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 1982, n. 929, Schivo c. Bogliolo.
Il solaio esistente fra i piani sovrapposti di un edificio è oggetto di comunione fra i rispettivi proprietari per la parte strutturale che, incorporata ai muri perimetrali, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore, mentre gli spazi pieni o vuoti che accedano al soffitto od al pavimento, e non siano essenziali all'indicata struttura (nella specie, conglomerato cementizio per sottofondo di pavimentazione e protezione termica), rimangono esclusi dalla comunione e sono utilizzabili rispettivamente da ciascun proprietario nell'esercizio del suo pieno ed esclusivo diritto dominicale (nella specie, per la collocazione di tubi di raccordo di servizi).
* Cass., sez. II, 7 giugno 1978, n. 2868.
Il solaio che divide due piani di un edificio va considerato comune ai proprietari di tali piani, in quanto svolge allo stesso tempo la duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore, costituendo un corpo unico formato da elementi strutturali fusi, stabilmente fra loro e incorporati in altre strutture comuni, cioè nei muri maestri. Ciò esclude che tra il soffitto del piano inferiore e il pavimento del piano superiore possano esistere altre opere le quali non facciano parte del solaio e delle quali occorra quindi accertare di volta in volta la destinazione, al fine di stabilire a chi appartengano. (Nella specie la Suprema Corte ha enunciato la massima che precede per escludere che potesse ritenersi bene in proprietà comune una intercapedine costruita per creare un locale dell'appartamento sottostante e nascondere un tubo di scarico passante sotto il pavimento dell'appartamento sovrastante).
* Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 1976, n. 3715.
La presunzione di comunione dei solai divisori tra i piani è fondata non sulla loro necessità di limite delle rispettive proprietà ma sulla loro necessità (nei confronti delle distinte proprietà) per il sostegno dell'appartamento sovrastante e per la copertura di quello sottostante.
* Cass., sez. II, 3 febbraio 1975.
Con riguardo ai danni derivanti dal crollo di un solaio divisorio fra due appartamenti, l'applicabilità degli artt. 2051 e 2053 cod. civ., con conseguente presunzione di corresponsabilità sia del proprietario dell'immobile sovrastante sia di quello dell'immobile sottostante, non introduce deroghe ai principi generali in tema di nesso di causalità e di concorso di cause, sicché la responsabilità dell'uno deve essere esclusa quando egli fornisca la prova che il danno sia stato determinato, con autonoma efficienza causale, dal fatto imputabile all'altro (nella specie, il proprietario dell'appartamento sovrastante, essendo il solaio caduto per infiltrazioni di acqua provenienti dagli scarichi del suo immobile).
* Cass. civ., sez. II, 30 marzo 1985, n. 2234, Cardillo c. Anglesio.
In tema di pertinenze, è ben possibile limitare contrattualmente la destinazione e l'uso di un bene, assegnato in modo durevole a servizio o ornamento di un'altra cosa, purché rimanga salva la funzione e la natura pertinenziale del bene. (Nella specie è stata confermata la sentenza di merito che, in applicazione del divieto di modifica di destinazione imposto dal regolamento condominiale contrattuale, aveva dichiarato il condomino obbligato al rispetto della destinazione originaria a deposito del solaio, pur se pertinenza dell'appartamento di sua esclusiva proprietà, adibito ad abitazione).
* Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2000, n. 9234, Dagnoni c. Condominio via Pitteri 111, Milano, in Arch. loc. e cond. 2000, 707.
Il solaio che separa il piano sottostante da quello sovrastante di un edificio appartenenti a diversi proprietari deve ritenersi, salvo prova del contrario, di proprietà comune dei proprietari dei due piani costituendo l'inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà con utilità ed uso uguale e inseparabile per le medesime e correlativa inutilità per gli altri condomini. Ne consegue che il confine tra le due proprietà esclusive sovrapposte è costituito non dalla linea mediana del solaio ma dall'intera struttura di cui esso consta. Pertanto la sostituzione del solaio non può essere effettuata in modo da restringere o limitare i beni immobili sovrapposti di proprietà esclusiva ove non sia indispensabile o manchi il consenso di entrambi i detti proprietari, derivandone, anche nel caso di sussistenza di esigenze tecniche, il diritto del risarcimento del danno che uno di essi abbia a subire per il conseguente restringimento della cubatura dell'appartamento di proprietà esclusiva.
* Cass. civ., 23 marzo 1991, n. 3178.
Il solaio divisorio tra un piano e quello sottostante di un edificio è da ritenere di proprietà comune fra i proprietari dei due piani. Tale presunzione, di carattere assoluto, vale tuttavia per le strutture che hanno una funzione di sostegno e di copertura, contribuendo a costituire il solaio; non pure per quelle parti come le coperture applicate al di sotto del soffitto che adempiono a funzioni meramente estetiche e indipendenti dalle dette strutture, dovendosi esse ritenere appartenenti esclusivamente al proprietario del piano sottostante.
* Cass. civ., 20 luglio 1967, n. 1868.
La soletta divisoria che separa e divide il piano sovrastante da quello sottostante, piani appartenenti a diversi proprietari, deve considerarsi di proprietà comune tra i proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastante, costituendo l'inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà, con utilità ed uso uguale ed inseparabile per le medesime. Quando il soffitto è formato, oltre che dalla soletta, da travi che sporgono nella parte sottostante, queste devono anch'esse considerarsi di proprietà comune, se fanno parte integrante della soletta e del soffitto ed hanno la medesima funzione degli stessi, di costruire inscindibilmente le strutture divisorie dei due appartamenti: si può parlare di proprietà esclusiva delle travi da parte del proprietario del piano sottostante, solo se esse costituiscono un'infrastruttura non necessariamente connessa alla struttura principale divisoria e quindi esclusivamente una mera decorazione del soffitto, utile solo per il piano sottostante.
* Cass. civ., 28 maggio 1963, n. 1406.
Non è nella possibilità dell'assemblea condominiale chiudere l'accesso ai solai, lasciando la chiave presso la portineria unicamente ‹‹per i casi di emergenza››.
* Trib. civ. Milano, 6 luglio 1992, in L'Ammin. 1993, 10,12.
c) Spese
L'art. 1125 cod. civ., secondo il quale, negli edifici condominiali, le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, costituisce norma derogabile dall'autonomia privata, sicché i condomini interessati ben possono addivenire ad un accordo sul loro rispettivo diritto e determinare convenzionalmente, oltre ai lavori da eseguire, chi debba sostenerne la spesa. Conseguentemente, solo in caso di mancanza di tale accordo trova applicazione il criterio ripartitivo ex art. 1125 cod. civ., restando d'altro canto, il diritto di rimborso del condomino, che abbia provveduto a tali opere, subordinato, oltre alla richiesta in tal senso, anche alla duplice condizione della necessità della spesa e della sua urgenza, cioè dell'indifferibilità, secondo il criterio del buon padre di famiglia, per evitare un possibile nocumento.
* Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1981, n. 4601, Gravina c. Trillo.
In tema di condominio di edifici, la ripartizione delle spese per la manutenzione, ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai secondo i criteri dell'art. 1125 c.c., riguarda le ipotesi in cui la necessità delle riparazioni non sia da attribuirsi ad alcuno dei condomini, mentre quando il danno sia ascrivibile a singoli condomini trova applicazione il principio generale secondo cui il risarcimento dei danni è a carico di colui che li ha cagionati.
* Cass. civ., sez. II, 12 aprile 1999, n. 3568, Musillo c. Musillo.
Le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei solai, inerenti ad interventi che concernano il corpo di fabbrica interessato nelle sue strutture comuni, non si ripartiscono in parti uguali fra i proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti.
* Corte app. civ. Milano, sez. I, 13 dicembre 1988, n. 457, Condominio di via Settembrini 41, Milano c. Barabino, in Arch. loc. e cond. 1989, 495.
Nel giudizio instaurato per la divisione delle spese di manutenzione o ricostruzione del solaio divisorio comune ai sensi dell'art. 1125 cod. civ. dal proprietario del piano sovrastante nei confronti del proprietario di quello inferiore, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio, ex art. 102 cod. proc. civ., nei riguardi dell'eventuale usufruttuario di alcuno dei piani stessi, essendo il rapporto dedotto in lite e da regolare con la pronuncia giudiziale afferente solo alla titolarità del diritto di proprietà dei piani divisi dal solaio.
* Cass. civ., sez. II, 12 dicembre 1986, n. 7397, De Morelli c. Cassa Risp. Cal.
L'art. 1125 c.c., nel disporre che restano a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento (mattonelle e impiantito) ed a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto, ha inteso comprendere nella nozione di volte, solai e soffitti tutto il complesso di opere stabilmente unite che servono a dividere orizzontalmente le due proprietà.
* Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1969, n. 1319.
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